

Autore: Rolando Fabrini
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Gramsci e il Risorgimento
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L’analisi gramsciana va alla ricerca dei diversi fattori che hanno contribuito, tutti insieme, a determinare, nella seconda metà dell’Ottocento, il Risorgimento italiano come «un processo storico complesso e contraddittorio, che risulta integrale in tutti i suoi elementi antitetici». Gramsci riconosce, nel cosiddetto «potere d’attrazione» dei moderati sui democratici, un’accorta «egemonia», per la quale muove critiche al Partito d’Azione per non avere saputo opporre, all’omogeneità spontanea dei gruppi moderati, l’organizzazione di un grande movimento popolare di massa.
La soluzione nazionale unitaria avrebbe realizzato, secondo la visione gramsciana, un’iniziale promozione e modernizzazione del paese, ma avrebbe portato alla deteriore prassi del «trasformismo» in termini di metodologia procedurale per conservare nel tempo, il più a lungo possibile, il potere delle classi borghesi moderate. L’unità nazionale, inoltre, non risolve la «questione meridionale», che resterà «uno squilibrio e una contraddizione che erano nati dall’incapacità delle forze dirigenti risorgimentali di affrontare e risolvere la questione contadina».
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Rolando Fabrini è professore di Lettere a Genova. Si occupa principalmente di Storia del Risorgimento italiano e Storia del Mediterraneo in Età Moderna. Per queste edizioni ha pubblicato L’assedio di Malta (1565), 2012; Il sacco di Genova (1849), 2014; Felice Orsini 1819-1858, 2015.
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