

Autore: Moussa Bassirou Kanè
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Il viaggio, le umiliazioni, la poesia
Dove sia oggi l’Italia sul riconoscimento della dignità e dei diritti delle persone migranti ce lo racconta chi, partendo dal Mali e passando per la Libia, ha attraversato il cimitero del Mediterraneo su un barcone. Il suo sguardo ci colloca in quell’area “bianca” che resta indifferente alle proprie venature culturali e giuridiche indubbiamente razziste. Per questo la storia raccontata per frammenti poetici da Moussa Bassirou Kané – convinto che Dio abbia fatto il pianeta Terra molto ampio proprio per consentire a chi, come lui, non si sentiva bene in un posto, di cercarsene un altro per esistere in libertà e ricominciare da capo – va ascoltata con profonda attenzione e qualche vergogna. L’avventura di Moussa, infatti, racconta quanto sia stato arduo il suo viaggio e quante umiliazioni lo abbiano accompagnato. Con una scrittura a ritmo di rap egli denuncia in modo efficace tanto le condizioni sociali e politiche dei Paesi africani, quanto la miseria umana dei razzismi nostrani.
Mossa Bassirou Kanè, nato a Garalo (Sikasso) nel 1986, laureato in Diritto Privato, a Bamako era insegnante di francese. È in Italia da quattro anni. Nel solco della tradizione letteraria del Mali, che in passato trasmetteva la sua cultura con la recita o il canto di storie conosciute a memoria, si dedica con piacere al rap. Le sue poesie sono scritte per essere recitate. Nel 2019 ha pubblicato Una voce nella testa di un immigrato, Book Sprint Edizioni.
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